TORREMAGGIORE

Le origini di Torremaggiore risalgono al X secolo, quando il casale col nome di Terrae Maioris costituiva un nucleo demico, feudo della vicina Abbazia Benedettina di S. Pietro. All’Abate, vero signore feudale, sono indirizzati i documenti di cui è pervenuta memoria, tra cui l’importante bolla di papa Onorio III del 1216, che conferma ed enumera tutti i vasti possedimenti ed i privilegi concessi al monastero, già riconosciuti con praeceptum del catapano bizantino Basilio Boiohannes nel 1018, dal normanno Roberto il Guiscardo nel 1067 e dal re di Sicilia ruggiero II nel 1134. Con l’ascesa al trono di Federico II di Svevia ha inizio il periodo di decadenza della Badia: tra le accuse mosse dal papa Gregorio IX all’imperatore figura anche la spogliazione del Monasterium Terrae Maioris dei suoi beni. Dopo la morte del “puer Apulae” avvenuta a Castel Fiorentino, in agro di Torremaggiore il 13 dicembre 1250, le lotte tra papato e casa sveva portano alla distruzione di Fiorentino e Dragonara il 26 ottobre del 1255 ad opera delle soldataglie di papa Alessandro IV. Ai superstiti non rimase che cercare asilo in località più sicure. La scelta cadde, per la maggior parte di loro, nel territorio del Monastero benedettino e nei pressi di un fortilizio normanno del XII secolo con una torre quadrata d’avvistamento, costruita nel punto più alto del sito, ora inglobata nel Castello Ducale, e dettero così, vita all’attuale vecchio borgo di S. Nicola di Mira. Il Monastero, con le sue dipendenze, passa nel 1295 ai Templari fino alla soppressione di quest’ordine nel 1312. Quindi viene assegnato in dote dal re Roberto II d’Angiò alla moglie Sancia , da cui prende il nome la contrada Reinella. Nel 1382 il feudo di Torremaggiore con le sue pertinenze territoriali venne assegnato a Nicolò De Sangro da Carlo III di Durazzo. La nobile famiglia tenne il feudo fino al 1806, anno della soppressione dei diritti feudali. In questo lungo periodo di feudalità si è giocata quasi tutta la storia della città.
I De Sangro
, discendenti dai Duchi di Borgogna, si distinsero sotto ogni aspetto della vita sociale e politica, furono violenti, autoritari, specialmente nella seconda metà del ‘600 e nella prima metà del ‘700. Nel 1627 Torremaggiore viene rasa al suolo dal catastrofico terremoto che sconvolge l’Alto tavoliere. Nel 1656 viene colpita dalla peste bubbonica. Nel 1834 viene istituita in onore di S. Sabino, patrono della città, la fiera dell’agricoltura e del bestiame, prima domenica di giugno). Nel 1909 è installato l’impianto di pubblica illuminazione elettrica.
Nel 1925 si inaugura la tramvia elettrica di Torremaggiore-San Severo, soppressa nel 1962. Dopo l’esodo migratorio degli anni ’50 e ’60, Torremaggiore si caratterizza per lo sviluppo agricolo e la commercializzazione dei suoi prodotti grazie al cooperativismo agricolo.


CASTELLO DUCALE – Secc. XII-XVI

Dichiarato Monumento Nazionale dalla Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti nel 1902. A forma di quadrilatero irregolare, è dotato di sei torri, di cui quattro cilindriche merlate, situate agli spigoli, e due quadrangolari, l’una mutila nel cortile centrale (sec. XII), che costituisce il mastio o maschio del Castello, l’altra più piccola nel lato sud.

Sorto come tenimento fortificato in epoca normanna, il maniero è stato poi ampliato e modificato nel corso dei secoli dalle varie case feudatarie che l’hanno abitato, dai conti Gianvilla ai principi de Sangro, fino ad assumere l’odierno aspetto rinascimentale.

Degni di nota: i pregevoli affreschi di Scuola napoletana conservati nella Sala del Trono e nella Cappella Palatina; la meridiana posta sulla Torre centrale; l’elegante loggetta del cortile centrale; gli avanzi di bifora aragonese del lato sud; la cella della prigione ricavata nella Torre nord-ovest.


IL BORGO ANTICO

L’itinerario del centro storico prende avvio dal Castello Ducale e dal nucleo più antico, denominato “Codacchio”, che si sviluppa nei pressi dell’antico maniero e della Chiesa matrice di San Nicola. Questo nucleo demico, abitato dai superstiti di Fiorentino dopo la distruzione della loro città (sec. XIII), iniziò ad assumere i connotati civici dopo la decadenza della Badia di S.Pietro (1295). 

Le abitazioni incluse nella mura di difesa, localmente dette meniali dal latino moenia, sono raccolte in cinque vicoli ed una piazzetta sul contrafforte rialzato della collina e danno ancora oggi l’idea di un insieme omogeneo e compatto di difesa. Diversi elementi architettonici documento la colonizzazione degli esuli di Fiorentino: le piccole aperture-lucernario a forma di losanga, che sormontano i portoni delle case; i fregi che decorano gli architravi d’ingresso; le piccole sculture zoomorfe in pietra poste lungo le pareti esterne. Al termine dei vicoli s’incontra la Chiesa Matrice con il suo campanile romanico, che sembra proteggere e vigilare sul nucleo più antico del borgo, erede della scomparsa città medievale.   


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